Stefania Salvatore
Cosa si nasconde dietro l'istinto primordiale del viaggiare?
Un fattore innegabile ed incontrovertibile è che l’essere umano - dall'alba dei tempi - abbia sviluppato la propensione al viaggio. A spostarsi, a muoversi... Un po' per conoscere posti nuovi e in parte per cercare nuove opportunità.
Questo istinto primordiale ha permesso alla specie umana di sopravvivere, trovando luoghi più ospitali. Se così non fosse stato, il mondo come lo conosciamo probabilmente oggi non ci sarebbe. E di certo non ci sarebbe stato il progresso dell’umanità.
Ma se all'inizio il bisogno era legato soltanto a questioni di pura sopravvivenza (alla ricerca di cibo e acqua), successivamente i viaggi hanno permesso di scoprire nuove terre (e a qualche impero di espandere i propri territori).
Oggi, nell’era della globalizzazione e con mezzi di trasporto sempre più veloci, viaggiare è diventata una parte irrinunciabile delle nostre vite. Anche se le sfumature delle motivazioni legate ad un viaggio sono molteplici.

Tanti viaggi per tante motivazioni
Le motivazioni possono riguardare il piacere del viaggio o le questioni economiche e lavorative. Le prime sono legate ad una motivazione intrinseca: viaggiamo perchè ci piace e perchè ci appaga scoprire posti nuovi.
Le seconde hanno una motivazione estrinseca: viaggiamo per avere nuove opportunità, come potrebbe essere un maggior benessere economico, oppure per una maggiore soddisfazione a livello professionale.
In ogni caso, la motivazione alla base di un viaggio è oggetto di studio da parte di una branca della psicologia sociale che studia il fenomeno da un punto di vista sia sociologico che psicologico.
Ma prima vediamo un altro aspetto fondamentale...

Cosa comporta viaggiare?
A prescindere dalla motivazione, viaggiare implica uno spostamento. E poco importa che si tratti di cambiare città, nazione, o continente. In tutti i casi la persona abbandona il proprio “nido” e le proprie sicurezze scontrandosi con una realtà priva di certezze e nuove sfide da affrontare.
Ecco perché viaggiare comporta una grande capacità di adattamento. Si impara a negoziare con i propri limiti, sviluppando una maggior capacità di problem solving. Ed è il motivo per cui gli psicologi che studiano il fenomeno...
...affermano che il viaggio è anche interiore.
Impariamo a conoscerci in quanto persone disposte ad adattarsi all’ignoto e questo, spesso, rappresenta una grande sfida. Affrontare l’ignoto porta a migliorare la nostra autostima, facendoci sentire in grado di affrontare difficoltà, come la lontananza da casa e dai nostri amati familiari.
Quindi, che si viaggi per puro piacere o per questioni economiche, utilizziamo il viaggio come bagaglio di conoscenze di noi stessi e del nostro modo di relazionarci con l’ambiente. Ma non solo...

Il viaggio condotto nell’epoca moderna, diventato ormai routine, ha trasformato la figura storico-sociale del viaggiatore. E questo lo si può riscontrare nelle diverse etimologie che, nel corso del tempo, hanno sottolineato le ristrutturazioni di questo termine.
Penso sia interessante, per esempio, soffermarsi sul latino viaticum, col quale si intendeva la raccolta di provviste necessarie ad affrontare un trasferimento piuttosto lungo da un territorio all’altro. La parola inglese travel, così vicina al nostro italiano travaglio, mette in risalto come nel passato i viaggi rivestissero impegno, gravosità e sofferenza.
E d’altro canto anche il tedesco reise nella sua originarietà annunciava l’abbandono di uno stato di quiete, così come l’inglese to rise significa alzarsi.
Quello che oggi viviamo come evasione e fenomeno di massa, anticamente costituiva difficoltà nello spostamento, disagio nel percorso, avventure alla ricerca di terre sconosciute che comportavano rischi elevati per la sopravvivenza.
Ma perché si viaggia? E soprattutto... Il viaggio deve avere sempre una meta?

Per rispondere a queste domande, dobbiamo escludere lo scopo esibizionistico o di consumo.
Annientano il significato più profondo del mettersi in cammino.
La verità è che sul piano affettivo-emotivo ogni luogo trasmette una forza particolare e sollecita svariate emozioni: il viaggio diventa così il mezzo migliore per incontrare il mondo, esplorare ambienti che attivano nell’Io stati d’animo e riflessioni.
Naturalmente le inclinazioni individuali orienteranno la meta: l’esercizio dell’anima nell’osservare cose sconosciute può essere diretto agli elementi naturali, così plurali e diversi per latitudini e trasformazioni umane del paesaggio, oppure soffermarsi più semplicemente sui propri spazi sociali (borghi, città, piazze) che il lavoro di generazioni ha reso densi di significato.
Ecco allora che la risposta alla domanda perché si viaggia potrebbe essere espressa in una sintetica enunciazione: scoprire il mondo, gli altri esseri umani e noi stessi.

Dunque viaggio come evasione dal quotidiano, viaggio come tempo”straordinario” rispetto all’ordinarietà della vita e come possibilità di vivere eccezioni in contrapposizione alle sue regole, viaggio come educazione alla sobrietà (si deve pur preparare una valigia e rinunciare alle troppe cose che riempiono la nostra casa), viaggio come stimolo cognitivo di apprendimento e conoscenza e come arricchimento di fantasia e apertura mentale.
E non finisce qui: viaggio che supporta la costruzione di un processo trasformativo, un distacco limitato nel tempo che aiuta a pensare che si può andare un po’ più lontano da dove ci si trova e che aiuta a misurare meglio la vita.
Proprio per questo, ognuno di noi vive il viaggio a modo suo.
Se andassimo tutti nello stesso luogo, vivremmo esperienze diverse, ed i nostri vissuti e le nostre opinioni sarebbero le più varie.
E sai da dove nasce questa differenza?
Vedi, in quanto esseri umani, per molti aspetti siamo quasi identici gli uni con gli altri.
Eppure, grazie alla propria personalità, ognuno di noi è unico.
Quando parlo di “personalità” mi riferisco a quell’insieme stabile e coerente di tratti che ci permette di essere, di conoscere, di percepire, di progettare e di interagire con il Mondo e con gli altri.
Potrei quasi azzardarmi a dire che la personalità rappresenta una sorta di bussola che ci guida alla scoperta del mondo circostante. Ed è proprio di una bussola che dovresti dotarti... ...per costruire una realtà eccellente intorno ai tuoi ospiti.

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Stefi