Per alcuni basterebbe ragionare sui numeri: dal 2010 le aziende agrituristiche in Italia sono cresciute di oltre 5 mila unità (+25%), passando dalle 19.973 alle 25.060 attive al 2020.
Una tendenza positiva che la pandemia non ha intaccato: nonostante tutto, si è registrata una crescita del 2% nel biennio 2019/2020, favorita soprattutto dalla ripresa avvenuta durante l’estate e dalla voglia di un turismo orientato alla vita all’aria aperta e nel rispetto dell’isolamento sociale.
Questo quadro emerge dall’ultimo rapporto sul Turismo enogastronomico italiano a cura dell'Enit. La ricerca sottolinea quattro tendenze, accelerate dalla prova pandemica, che facilitano la comprensione del successo ottenuto dagli agriturismi nell’ultimo decennio.
Più giorni nella stessa struttura
Chi sceglie l’agriturismo per la propria vacanza soggiorna più a lungo. La permanenza media dell'ultimo decennio è di oltre quattro giorni, superiore rispetto a quella nelle strutture alberghiere (pari a tre giorni).
L’anno della pandemia ha visto un aumento generalizzato della durata del soggiorno a causa delle restrizioni al viaggio allora vigenti. Se negli alberghi è stata di 3,2 giorni, negli agriturismi è aumentata a 4,2 notti.
Boom delle fattorie didattiche
Fra i servizi offerti dalle aziende agrituristiche con la maggiore crescita (nell’ultimo decennio) registriamo le fattorie didattiche. Dalle 752 del 2010, oggi se ne contano ben 1.911 (+154%), la maggior parte delle quali si trovano in Piemonte, Lombardia e Veneto.
Un vero e proprio boom, che indica una sempre maggiore attenzione verso una proposta ricreativa ed educativa per entrare in contatto con la natura, gli animali, le pratiche agricole. La pandemia non ha fermato questa tendenza: nel biennio 2019/2020 la crescita è stata dell’11%.
Focus sulle esperienze
L’ampliamento delle esperienze offerte dagli agriturismi è stata la chiave del successo.
A crescere a tassi superiori alla media sono state le aziende con proposte di degustazione, trainate dal desiderio sempre più forte di scoprire e gustare i prodotti tipici.
Il numero è aumentato del 67%: nel 2010 si contavano 3.836 strutture autorizzate, mentre oggi sono 6.414.
In più, una simile tendenza é riscontrabile negli agriturismi che offrono osservazioni naturalistiche. Se nel 2010 solo 784 aziende avevano nel proprio portfolio questa esperienza, adesso siamo arrivati a contarne 1.663 (+112%).
Negli ultimi anni abbiamo visto importanti novità con il ritorno della bicicletta, del trekking e dei corsi di yoga, in controtendenza rispetto al calo degli anni passati.
Alternativa al turismo di massa
Negli anni la voglia di agriturismo è cresciuta tra italiani e stranieri.
Questa crescita, almeno a livello superficiale, esprime il desiderio di scoprire piccoli borghi e centri minori delle campagne italiane anziché destinazioni turistiche più note e affollate.
Più nel profondo, significa viaggiare alla scoperta di luoghi non di massa, culture sconosciute ed enogastronomia locale, procedendo con calma e lentamente in modo da non lasciarsi sfuggire alcun particolare: lo Slow Tourism è “semplicemente” questo.
Viaggiare “con lentezza” sembra la fisiologica conseguenza ad un periodo di emergenza sanitaria in cui dopo un lungo stop a stento si sta riprendendo il via.
Eppure c'è molto di più.
La prospettiva stressante di vita nella società attuale sembra imporre l’esigenza fisica e psicologica di rallentare il proprio ritmo.
L’obiettivo, allora, diventa quello di controllare il proprio passo e porre attenzione all’ambiente ed alla natura... perché i valori dello Slow Tourism riguardano la riscoperta dei territori e la tutela dei patrimoni culturali.
In definitiva possiamo dire che gli agriturismi rappresentano il contesto adatto per il viaggiatore slow, cioè per una persona consapevole, aperta alla conoscenza e attenta al proprio impatto sul territorio.
Ed é quello che intendo quando chiedo alle strutture ricettive se c'è un'adeguata conoscenza sul cliente target da attrarre. Altrimenti come riuscirai ad ottenere soltanto ospiti felici?
Ma soprattutto: per quale motivo ci definiamo operatori dell'accoglienza, se non per far vivere esperienze davvero uniche ai nostri ospiti?
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Stefi
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